Un’Opinione Scomoda sulla Fotografia: perché i bravi restano invisibili online
Ogni volta che dico che il telefono è parte essenziale della mia fotografia, c’è sempre qualcuno che arriccia il naso, come se avessi bestemmiato in una cattedrale. Ogni volta che salto un trend su Instagram, qualcuno mi sussurra: “Se non posti ogni giorno sparisci”. Per me la fotografia è un patto semplice tra me, la luce e il mondo davanti: gli strumenti servono a onorarlo, gli algoritmi non dovrebbero deciderne il ritmo. Ho imparato che quando lascio a una piattaforma il potere di dirmi chi sono, perdo quello che dovrei proteggere: la voce, il punto di vista, la curiosità.
Dopo anni che posto foto e video sui social mi capita ancora di non essere notato. Non sempre è “colpa dell’algoritmo”: spesso è perché non gioco al suo gioco. Ogni piattaforma è un mondo a sé, con regole e strategie diverse. Per farti vedere dovresti costruire contenuti su misura per ciascuna, investire in ads, studiare orari e formati come se stessi lavorando per loro. Il punto è che io non voglio che le piattaforme diventino il mio datore di lavoro. Uso quasi tutte le piattaforme e i miei contenuti viaggiano più o meno gli stessi ovunque; altri preferiscono concentrarsi su una o due e fanno bene. Io scelgo consapevolmente il compromesso: resto fedele alla mia voce e accetto che a volte il feed non premi.
Questo articolo è un promemoria (per me) e una bussola (per chi si ritrova qui): il telefono mi tiene presente, mi fa non perdere l’attimo e allena l’occhio ogni giorno; la fotocamera mi fa andare a fondo, entrare nelle pieghe di una scena e capire perché una foto merita di esistere. E la comunicazione funziona quando smetto di recitare per l’algoritmo e torno a parlare a persone reali, con una voce sola e riconoscibile. Non devo convincere una macchina a notarmi: devo restare fedele alla storia che voglio raccontare. In queste pagine ti mostro come tengo insieme tutto: gli strumenti (telefono come taccuino, fotocamera come laboratorio), un metodo semplice per pubblicare con intenzione, un ritmo sostenibile e i criteri con cui decido cosa esce e cosa no. Il resto — numeri, orari, trend — viene dopo.
Chi sono e perchè mi sento invisibile
Mi chiamo Walter Stolfi: viaggio, fotografo e racconto storie di persone e luoghi [ scopri di più su di me ]. Negli anni ho imparato a muovermi leggero tra le strade di Manila, Sheung Wan, Bangkok, Kyoto; a volte ho in tasca una Ricoh GR IIIx, altre volte ho in mano l’iPhone che sa essere invisibile quando serve e veloce quando le cose accadono in fretta. In aeroporto, su un jeepney, nella scia umida dei mercati, ho capito che la costanza batte la perfezione, e che la storia vale più del tecnicismo: un passo al giorno allena l’occhio meglio di un’uscita titanica al mese. Continuo a scrivere perché ho bisogno di rimettermi in riga: ricordarmi che il mestiere non è la macchina, ma l’attenzione; non è la piattaforma, ma la relazione.
Scrivo questo pezzo per chi, come me, vuole una fotografia viva, sostenibile, sua. Per chi si è stancato di sentirsi in ritardo e allo stesso tempo sopraffatto; per chi ha capito che la vera sfida non è far esplodere numeri vuoti ma costruire qualcosa che resti. Il telefono e la fotocamera non sono fazioni in guerra: sono due strumenti per coltivare lo stesso sguardo. E una strategia non è una gabbia: è un ritmo che ti restituisce la libertà di lavorare meglio e vivere con più senso.
Coaching 1:1 in Videochiamata
Se sei bravo ma resti invisibile, spesso manca la cornice: per chi stai parlando, cosa cambia per chi guarda, perché adesso, cosa chiedi di fare.
In una sessione 1:1 facciamo un audit onesto del tuo lavoro (portfolio, tono, flusso di pubblicazione) e lo traduciamo in un piano concreto e sostenibile.
Quale camera scegliere, come impostarla, quali setting utilizzare. Qualsiasi sia il tuo dubbio ne parliamo di persona per capire qual’è la soluzione su misura per te.
Perché l’attrezzatura non basta a farti vedere
Mi capita di pubblicare foto scattate direttamente con il mio smartphone, perchè in alcuni momenti è lo strumento più veloce, pratico e performante da utilizzare. Non perché “basta il telefono”, ma perché è l’unico che ho addosso anche quando non sto “facendo foto”. È anche il mio metodo per fare delle prove che poi magari replicherò con la fotocamera. Ombre che scivolano sul cemento, insegne che si accendono con cinque minuti di ritardo, visi che ogni mattina attraversano lo stesso incrocio. Con la giusta luce gli scatti fatti con lo smartphone sono eccezionali, ma non è questo il punto. Il punto è non perdere la visione. Lo uso come quaderno: appunti durante la giornata, vlog estemporanei, voice-over ecc…
Con la fotocamera il tempo si allunga. Posso scegliere davvero: un tempo lento per lasciare scorrere il movimento, un diaframma chiuso per pulire lo sfondo, un fuoco preciso su un gesto. Soprattutto di sera o in situazioni particolari quando hai bisogno di file più densi, autofocus che aggancia nel buio, tenuta agli ISO. Lì entra la fotocamera: non per feticismo, per necessità.
Utilizzo strumenti diversi in base alle situazioni (non per ideologia). Con l’ iPhone spesso scatto a 13 mm e 24 mm per capire come si muove lo spazio, dove respira la strada, in quale punto la confusione diventa ritmo. È scouting, è lettura. Poi c’è la fotocamera che utilizzo anche solo per puro piacere di scattare con una camera e adoro l’esperienza d’uso. Se so già che dovrò andare in un determinato luogo o se la luce è cattiva (controluce, neon sporchi), utilizzo la fotocamera. Non per mostrare, per coerenza con l’uso finale. Questo metodo mi ha liberato dallo zaino-arsenale: ogni strumento ha un lavoro preciso, io devo solo ricordarmi perché lo sto usando.
Gli strumenti mi aiutano a raccontare storie da condividere, è questa la cosa più importante. Se poi la visibilità, non arriva o è limitata, non importa perchè la tua missione è stata compiuta, il resto sono solo numeri che contano poco.
Scarica i miei Presets Lightroom
Sono un punto di partenza pulito: accorciano la post e ti lasciano spazio per il tuo tocco, evitando l’effetto “finto HDR”.
Non sono stanco di creare. Sono stanco di performare
Non mi ha stancato fotografare: mi ha stancato recitare per le piattaforme. È qui che tanti bravi restano invisibili: trasformiamo ogni scatto in sette formati, cambiamo voce per ogni social, rincorriamo orari “giusti” e audio “giusti”, e intanto perdiamo il perché. Mi è successo spesso negli ultimi anni e, proprio per questo, ho deciso di dedicarmi solo a ciò che conta davvero.
Mi è capitato più volte di lavorare giorni interi a un video per YouTube: dargli un valore, un messaggio, non l’intrattenimento facile che quella piattaforma premia, ma un contenuto diverso, più profondo e intimo. E poi, puntualmente, le piattaforme, nonostante il lavoro, non ti premiano. Allora ho scelto di pubblicare solo quando ho qualcosa che valga la pena di essere pubblicato fregandomene dei numeri e della visibilità. Tutti i giorni curo il blog e scrivo articoli; sui video lunghi di YouTube, invece, ho smesso di forzare uno o due upload a settimana: tutta quella fatica non viene ripagata come dovrebbe. Con le foto faccio lo stesso: pubblico quando me la sento, quando ho davvero qualcosa da dire, non per riempire il feed.
Sto costruendo un legame più profondo con la mia community attraverso meno contenuti ma migliori: newsletter, coaching, workshop, conversazioni vere. Per me valgono molto di più che postare a caso “tanto per”. In pratica: meno teatro, più chiarezza. Non provo a “battere” l’algoritmo: smetto di alimentarlo. Quando tolgo la performance, la mia voce si sente di nuovo, poche cose, dette bene, alle persone giuste. È lì che smetti di essere invisibile.
Corsi di Fotografia
Vuoi smettere di “postare a caso” e costruire immagini che si capiscono?
In questi Corsi metto insieme fondamenta solide e pratica di strada: smartphone come taccuino, fotocamera come laboratorio, lettura della luce, scelta del momento e composizione che regge anche fuori dal feed.
Ne esci con un metodo replicabile per scattare, editare e pubblicare con intenzione—non per l’algoritmo, ma per le persone giuste.
Promemoria da taschino (quando la testa fa rumore)
Li tengo brevi perché devono entrarci davvero in tasca.
La visione creativa è la cosa più importante.
Lo strumento è una scelta, non un’identità.
La storia prima del trend.
Dire no è lavoro.
La qualità prima del feed.
FAQ
Lo smartphone può sostituire la fotocamera?
Dipende dallo scopo e dalle condizioni. Sì: buona luce, contenuti per web/social, formati fino a stampa piccola/media (A4 circa), tempi stretti. No: luce difficile/notturni, soggetti veloci, ritratti con scontorni naturali, stampe grandi o grading pesante. Regola pratica: se devi poter correggere molto in post o stampare grande, usa la fotocamera.
Posso consegnare lavori pagati scattati con lo smartphone?
Sì, ma con paletti chiari prima del lavoro. Concorda uso finale (social/web sì; catalogo/stampa grande no). Fai un test nello stesso luogo/orario e mostrane il risultato al cliente. Porta un backup (fotocamera o secondo smartphone) e cura audio/stabilizzazione. Inserisci questi limiti nel preventivo.Se i requisiti superano ciò che lo smartphone regge, passa alla fotocamera.
Come evito il burnout da social?
Definisci un ritmo sostenibile: 1 contenuto lungo/sett., 1 dietro-le-quinte, 1 micro-storia. Batch un giorno a settimana, 1 giorno offline vero. Fissa in alto: manifesto, mini-portfolio, contatti (parlano anche quando non pubblichi). Pubblica solo quando hai qualcosa che serve a chi ti segue; niente riempitivi.
Se non posto per una settimana è finita?
No. Non è una maratona di presenza, è coerenza. Mantieni viva la relazione con newsletter o una storia onesta quando rientri. Torna con una sola cosa forte, non con cinque post insieme. L’algoritmo si riallinea: a contare è la qualità percepita da chi ti segue, non il contatore.
Conclusione
Non è una guerra ai social. È scegliere da che parte stare. Io preferisco restare fedele alla mia storia, anche se questo significa essere meno “spinto” nel feed. Lo smartphone mi tiene allenato e presente, la fotocamera mi permette di dare corpo alle intenzioni; ma la visibilità non arriva dagli strumenti—arriva da come incornicio ciò che faccio e da per chi lo faccio. Pubblico quando ho qualcosa che serve a qualcuno preciso, con una forma leggibile per quella piattaforma, senza recitare.
Se sei bravo e ti senti invisibile, non è sempre colpa tua. A volte stai parlando nel posto giusto con la cornice sbagliata; altre volte hai deciso, come me, di non far diventare le piattaforme il tuo datore di lavoro. In entrambi i casi la strada è questa: allenare lo sguardo ogni giorno (smartphone come taccuino), tornare sulla scena quando merita (fotocamera come laboratorio), e pubblicare con intenzione—per chi è, cosa cambia, perché adesso, e quindi cosa chiedi di fare. Il resto sono numeri: utili da leggere, non da inseguire.
Io continuo così: meno teatro, più chiarezza. Poche cose, dette bene, alle persone giuste. Se questo articolo ti ha toccato, prova oggi un’uscita di dieci minuti con lo smartphone per prendere appunti, poi torna domani con la fotocamera per decidere davvero. Scrivimi cosa hai scoperto. Non dobbiamo “battere” l’algoritmo: dobbiamo smettere di tradire la nostra storia. E da lì, paradossalmente, si comincia a essere visti.
Continua a leggere
Se sei interessato a migliorare le tue abilità fotografiche, ti invito a dare un'occhiata alle risorse disponibili sul mio sito, come:
Corsi: Segui i miei Corsi di Fotografia partendo dalle basi fino alla Street Photography.
Guide Fotografiche: Per scegliere la giusta Fotocamera e Per raccontare storie con la Fotografia.
Preset di Lightroom: Ottimizzati per qualsiasi tipo di Fotocamera e Smartphone
Coaching online: Sessioni 1:1 Personalizzate in base al tuo stile e ai tuoi obiettivi.
Workshop: Un’esperienza dal vivo immersiva tra tecnica, racconto e condivisione.
Continua a seguire le mie avventure fotografiche e i racconti di viaggio sul BLOG, e non dimenticare di iscriverti al mio canale YouTube per supportare il mio lavoro e rimanere aggiornato sui prossimi contenuti. Insieme, possiamo scoprire il mondo, una fotografia alla volta.