Come smettere di essere un bravo fotografo in 10 mosse
Ogni settimana cerco di dare consigli utili su come migliorare la fotografia. Ma oggi no. Oggi voglio fare l'opposto. Una guida passo passo su come mandare tutto a rotoli. Come distruggere la tua passione, far diventare la fotografia una gara tossica a chi ha il sensore più grande, e trasformare ogni scatto in un'ansia da prestazione.
Ovviamente... sto scherzando. O forse no.
Nel mio blog parlo spesso di come trovare la propria voce e raccontare storie vere. Ma oggi voglio fare un gioco diverso. Ti darò una lista di "consigli" per rovinarti la fotografia.
Vediamola così: se ti riconosci in uno di questi punti, non devi sentirti in colpa. Ci siamo passati tutti. Ma forse è arrivato il momento di disinstallare un po’ di convinzioni sbagliate. E riderci sopra può essere il primo passo.
Perché ascoltare proprio me?
Mi chiamo Walter Stolfi e da anni fotografo la vita in strada, nei mercati del Sud-est asiatico come nelle periferie italiane [ scopri di più su di me ]. Non sono nato influencer, né ho iniziato con una Leica al collo. Ho iniziato come tutti: con mille dubbi, nessuna direzione e il costante sospetto di “non essere abbastanza bravo”.
Poi ho capito una cosa: la fotografia non è una gara a chi ha più attrezzatura, più like o più corsi nel curriculum. È un linguaggio. Un modo per stare al mondo, leggere le persone, lasciare una traccia.
Questo articolo non è scritto per piacere all’algoritmo. È per chi si è sentito almeno una volta perso, bloccato, invisibile nel mare di immagini tutte uguali. Per chi cerca un modo onesto per tornare a scattare con libertà, senza dover dimostrare niente a nessuno.
Se ti sei sentito così, allora siamo già colleghi. E questo articolo potrebbe essere esattamente quello che serviva leggere.
Guida di Fotografia di Viaggio
Se ti stai chiedendo come tornare a scattare ogni volta che la fotografia diventa tossica, scarica la mia guida completa sulla fotografia di viaggio.
Contiene esercizi, spunti pratici e storie utili a ritrovare il piacere dello scatto senza aspettative.
MENTALITÀ DISTRUTTIVA
“Se non ti pagano, non scattare”
Scattare per passione è da dilettanti. Vuoi davvero sprecare il tuo tempo in strada, in viaggio, a fotografare cose che nessuno ti ha commissionato?
Meglio aspettare una collaborazione, una sponsorizzazione, un brand…
Anche se nel frattempo non scatti mai.
Perché è sbagliato:
Se aspetti che qualcuno ti paghi per iniziare a scattare, smetterai di farlo. Alcune delle mie foto migliori sono nate quando nessuno le aspettava. Scattare per sé stessi, per raccontare qualcosa o anche solo per stare bene, è ciò che tiene viva la fiamma.
Questa è una delle foto che ho scattato durante un battesimo. Nessun contratto, nessuna parcella. Solo un favore, e un’occasione per fare qualcosa che mi rispecchiasse. Non è sempre una questione di soldi. A volte è una questione di presenza.
“Solo progetti profondi e artistici”
Non puoi semplicemente fare una foto a un anziano su una panchina. Deve avere significato. Deve denunciare, riflettere, essere poesia visiva.
Se non ci sono 5 paragrafi di spiegazione, non vale.
E quindi aspetti. E non pubblichi. E intanto la tua fotografia muore di fame.
Perché è sbagliato:
A volte una foto ha senso proprio nella sua semplicità. Non serve sempre un manifesto dietro uno scatto. Le immagini quotidiane, spontanee, sono spesso quelle che parlano di più. Se cerchi sempre l’opera d’arte, ti perdi la bellezza del momento.
“Devi avere una nicchia precisa o non vali nulla”
Viaggi? Street? Ritratti ambientati con pellicola scaduta? Scegli uno stile e sposalo per sempre, altrimenti nessuno capirà chi sei.
Meglio limitarsi, no? Così sei riconoscibile. O forse solo bloccato.
Perché è sbagliato:
Trovare la propria voce richiede esplorazione. Limitarsi a una sola nicchia per paura di confondere gli altri è come rinunciare a conoscere se stessi. La coerenza non nasce da una gabbia, ma da un'identità che cresce. E a volte la vera forza sta proprio nella contaminazione.
GEAR E ALTRE DROGHE
“La tua foto fa schifo perché non hai la Leica”
Chi ha bisogno di pensare alla composizione quando puoi spendere 10.000 euro?
Non ti piacciono i file? Non capisci la magia.
È chiaramente colpa tua, non della macchina.
Compra un'altra. E un’altra ancora.
Perché è sbagliato:
La macchina non scatta da sola. Una buona foto è fatta da luce, attimo, occhio. Ho scattato immagini che amo con macchine economiche, compatte, o anche con l'iPhone. La verità è che meno pensi al mezzo, più ti concentri sul messaggio.
“Ogni anno devi cambiare sistema”
Sony, poi Fujifilm, poi Canon. Poi di nuovo Sony, ma full frame stavolta.
Se non conosci tutte le marche, non sei nessuno.
Peccato che il tuo cervello passi più tempo sui menù che sulla scena davanti ai tuoi occhi.
Perché è sbagliato:
Cambiare troppo spesso ti distrae. Imparare a conoscere bene un sistema ti permette di dimenticartene mentre scatti. E questo ti rende libero. Concentrati su ciò che hai. Se non senti un limite tecnico reale, lavora sulla tua visione, non sul prossimo acquisto.
“Serve l’ultimo f/1.2 per fare una buona foto”
Luce naturale? Storytelling? Emozioni?
Tutte belle cose. Ma non reggono il confronto con un bel bokeh distruttivo a tutta apertura.
Peccato che poi il soggetto è noioso. Ma hey, lo sfondo è cremoso.
Perché è sbagliato:
Un obiettivo luminoso non fa una buona foto. Se il contenuto è debole, l'estetica non lo salverà. Ho visto scatti intensi fatti con ottiche economiche e foto vuote fatte a f/1.2. Non è l’apertura a raccontare una storia. È la tua capacità di osservare, scegliere e aspettare.
Fatta con Ricoh GRIIIx che uso ogni giorno. Nessun full frame, solo attenzione.
Se hai mai pensato che bastasse un obiettivo luminoso per rendere bella una foto, capisco la frustrazione. A me è successo. E sai cosa mi ha aiutato a spostare l’attenzione dal bokeh alla sostanza?
I miei Presets Lightroom (vintage, b&w e smartphone) ti permettono di lavorare la luce e l’emozione in post-produzione, senza inganni. Provali per riscoprire cosa vuoi trasmettere, senza bisogno di cambiare attrezzatura.
SOCIAL, ALGORITMI & AUTODISTRUZIONE
Scatto che non ha mai fatto numeri, ma è ancora tra i miei preferiti.
“Se non va virale, è inutile”
Non importa se è il tuo scatto preferito.
Se ha fatto 57 like invece dei soliti 124, è una schifezza.
Meglio cancellarlo e tornare a postare tramonti.
Magari con un preset che imita le Kodak Gold del 1997.
Perché è sbagliato:
La visibilità è effimera. Costruire qualcosa di profondo richiede costanza, anche nei momenti in cui nessuno guarda. Il tuo lavoro non deve inseguire i numeri, ma rappresentarti. E alla lunga, la differenza si sente.
“Crea solo per quello che funziona”
Ti piace raccontare storie di viaggio?
Peccato che al pubblico piacciano solo le foto vintage della Sicilia in estate.
Quindi d’ora in poi solo cannoli, granita e Vespe d’epoca.
Così non ti perdi follower.
Così ti perdi te stesso.
Perché è sbagliato:
Se inizi a creare solo per piacere agli altri, perdi il contatto con te stesso. Alcuni miei scatti più personali hanno avuto poco engagement, ma hanno toccato chi li doveva vedere. Non creare per l'algoritmo: crea per lasciare un segno, anche se piccolo.
Corsi online di Fotografia
Scatti la foto più personale e non performa? So com’è. Ma il primo passo non è cambiare la foto, è allenare lo sguardo.
Nel mio corso online di Fotografia Base o Street, ti guido a scoprire un approccio consapevole, passo dopo passo, con esempi reali e il mio stile. Senza scorciatoie, ma con risultati.
“Ascolta tutti. Anche chi non ha mai fatto una foto in vita sua”
Il tuo stile è troppo personale.
Il tuo editing è troppo spinto.
Il tuo soggetto non comunica.
Chi te lo dice? Un profilo senza post e con la foto di un cartone animato.
Ma forse ha ragione. Meglio cambiare tutto.
Perché è sbagliato:
Ricevere feedback è importante, ma non puoi piacere a tutti. Anzi, se piaci a tutti, stai sbagliando qualcosa. Ma soprattutto, conta da chi ricevi quel feedback. Se il consiglio arriva da qualcuno che non ha mai fatto fotografia, è come farsi insegnare a guidare da chi non ha mai messo piede in un’auto. Chi non ha vissuto le difficoltà, i dubbi, i tentativi, non può capire il tuo percorso. Coltiva la tua visione. Ascolta chi ha esperienza, chi ti stimola davvero. Il resto, lascialo andare.
Workshop in Presenza
Ricevere consigli non è male, ma serve sapere da chi. Se ti senti confuso, la cosa migliore è incontrarsi dal vivo.
Nei miei workshop di Fotografia, accompagno passo passo, senza filtri né algoritmi. Non si tratta solo di tecnica, ma di liberare lo sguardo.
Conclusione
Tutti questi "consigli" li ho seguiti almeno una volta. Alcuni ancora mi tentano. Ma ogni volta che torno alla fotografia vera, quella che nasce dalla strada, dal viaggio, dal bisogno di raccontare qualcosa che sento mio, ritrovo il senso.
La verità? La fotografia non si rovina per colpa delle fotocamere o dei social. Si rovina quando smettiamo di ascoltare noi stessi.
Quando dimentichiamo perché abbiamo iniziato. Quando ogni scatto deve essere perfetto, virale, approvato, ottimizzato. Quando il piacere si trasforma in pressione.
Io ho vissuto tutte queste trappole. Alcune ci ricado ancora oggi. Ma poi mi fermo. Prendo la mia fotocamera. Scatto. E ricordo che questa cosa, un tempo, mi faceva solo stare bene.
Scatta. Sbaglia. Racconta. Ma soprattutto, non dimenticare perché hai iniziato.
Scatto. Sbaglio. Racconto. Questo sono io.
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