Fotografia e Intelligenza Artificiale: Fine di un’era o Rinascita Creativa?
Negli ultimi mesi, mi sono fatto spesso una domanda:
Cosa significa oggi essere un fotografo?
E cosa significherà tra due, cinque o dieci anni, in un mondo dove l’intelligenza artificiale può generare immagini con una precisione che, fino a poco tempo fa, sembrava fantascienza?
Basta scrivere un prompt su Midjourney, Sora o altri strumenti, e nel giro di pochi secondi ottieni immagini che, a prima vista, potrebbero benissimo passare per fotografie reali. Scene perfette, luci cinematografiche, dettagli impeccabili. Tutto creato da una macchina.
E allora viene da chiedersi:
se oggi possiamo "inventare" una foto senza essere stati lì, ha ancora senso andare nei luoghi, vivere le esperienze, parlare con le persone?
Ha ancora senso prendere una macchina fotografica, uscire in strada, sbagliare, aspettare, emozionarsi davanti a un volto vero?
La risposta per me è sì.
Ma è un sì che ha bisogno di essere spiegato, difeso, raccontato.
E forse oggi più che mai, vale la pena farlo.
Chi sono e perché parlo di questo
Mi chiamo Walter Stolfi, sono un Fotografo e un Content Creator [ scopri di più su di me ]. Ma la verità è che non mi interessa solo fare belle foto: mi interessa raccontare storie vere.
Viaggio a volte con uno zaino e una fotocamera compatta in mano. Non cerco location da copertina, ma sguardi, gesti, atmosfere. Mi trovi nei mercati alle prime luci del giorno, nei vicoli di una città asiatica, seduto con una birra a parlare con sconosciuti che mi raccontano la loro vita.
Per me la fotografia è questo: un modo per entrare in contatto con il mondo, non per allontanarmene.
È un linguaggio silenzioso, ma pieno di significato. Non fotografo per mostrare dove sono stato.
Fotografo per ricordarmi chi ho incontrato, cosa ho sentito, cosa mi ha cambiato.
In un’epoca dove tutto può essere simulato, io continuo a credere nel valore di ciò che è vissuto.
Ecco perché oggi, davanti alla potenza dell’AI, sento il bisogno di parlarne. Non per paura. Ma perché voglio difendere un’idea di fotografia che ha ancora un cuore.
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L’AI nella fotografia oggi: strumenti e trasformazioni
L’intelligenza artificiale ha già invaso silenziosamente (ma potentemente) il nostro mondo:
Software di editing che selezionano e correggono in automatico (Lightroom AI, Retouch4Me, Luminar Neo)
Fotocamere e smartphone che riconoscono volti, ambienti, luci e scattano per noi
App che generano immagini intere da zero, fotorealistiche, iper-componibili
Ma c’è una cosa che l’AI non può generare: l’emozione vissuta.
Può replicare una scena, ma non una presenza. Può interpretare un’emozione, ma non viverla.
E anche quando il risultato visivo è "perfetto", basta guardarlo con attenzione per percepire che manca qualcosa. Manca un'anima.
Foto AI generata con Sora
Prompt:
Foto scattata con una macchina fotografica digitale compatta nei primi anni '90, colori granulosi e sbiaditi, fotografia con flash, consistenza granulosa, luce sovraesposta, atmosfera eterea, bassa risoluzione, flash della fotocamera, sfondo scuro su un balcone di notte, paesaggio urbano, realistico, immagine reale ad altissima definizione, contrasto irrealistico, bassa saturazione, alte luci, servizio fotografico con flash della fotocamera, bellissima donna coreana di mezza età sulla quarantina, viso molto bianco, guance rosse naturali, labbra rosso vivo, orecchini d'oro alle orecchie, labbra rosa naturali, donna coreana di mezza età con maglione nero, appoggiata a una panchina e che guarda direttamente la fotocamera. Volto di una donna di mezza età con capelli neri naturali, simile a una modella, viso di mezza età.
Come sta cambiando il ruolo del fotografo
Una cosa è certa: il ruolo del fotografo sta cambiando. Ma non sta scomparendo.
Semplicemente, non è più solo “quello che scatta”. Oggi siamo chiamati a essere testimoni, narratori, interpreti della realtà.
Ci sono settori dove l’intelligenza artificiale può funzionare benissimo:
se devo creare un’immagine pubblicitaria per un profumo, e mi serve una scena ambientata su una spiaggia di Bali al tramonto, con una modella dagli occhi chiari che tiene in mano una conchiglia… non ho bisogno di un fotografo, né di andare a Bali. Mi basta scrivere un prompt. E l’immagine arriva, già pronta per la campagna.
Ma proviamo a spostare lo sguardo.
Mettiamo che io voglia raccontare la storia di una madre filippina che cresce da sola tre figli lavorando in un mercato di pesce a Manila. Voglio fotografarla all’alba, mentre sistema il bancone, il viso ancora stanco ma determinato, le mani segnate dal lavoro. Voglio raccontare la realtà, non un sogno.
Manila, Filippine 2025. Walter Stolfi
In questo caso, l’AI non può nulla. Perché non puoi generare la verità. Non puoi ricreare quella luce che si riflette sul ghiaccio sporco del bancone, quel gesto spontaneo con cui la madre sistema la frutta o accarezza il figlio mentre contratta con un cliente.
E soprattutto, non puoi inventarti un rapporto umano. Io sono lì. Io ci ho parlato. Ho ascoltato. Ho vissuto quella scena prima di scattare.
Questo vale per tantissimi ambiti:
un matrimonio di quella determinata coppia di sposi, dove ogni gesto è unico, irripetibile
un evento di strada in quel determinato conteso e persone, dove l'imprevisto fa la foto
un viaggio, dove non sai mai cosa succede dietro l’angolo
un ritratto di quella determinata persona: perché nessuna AI può cogliere quel momento in cui la persona si lascia andare e viene fuori chi è davvero
E anche se potessimo generare una scena simile, ci mancherebbe sempre la componente più importante: il contatto umano, l’intenzione, il vissuto.
Bacolod, Filippine 2025. Walter Stolfi
Reale vs Artificiale: quando la fotografia ha un’anima
In tanti mi chiedono: “Ma se una foto AI è così realistica, che differenza fa?”…Te la faccio vedere io, la differenza.
1. Foto AI generata con Sora
Prompt usato: "Portrait of an elderly Asian woman sitting in front of her house in a small village, golden hour, Leica lens simulation, detailed face with wrinkles, emotional expression."
Perfetta, no? Ma guarda bene. È una faccia che esiste? Ha una storia? Cosa ti racconta davvero?
2. Foto reale mia
Camminavo per le strade della old Town di Bangkok quando questa signora, affacciata alla sua porta, mi ha sorriso. Non parlavamo la stessa lingua, ma a gesti le ho chiesto se potevo fotografarla. Lei ha risposto con un sorriso ancora più dolce.
Nessuna regia. Nessuna messa in scena. Solo un momento condiviso, reale, umano.
L’AI è perfetta. Ed è proprio questo il suo limite.
Le persone non si emozionano per la perfezione. Si emozionano per l’imprevisto. Per lo sguardo abbassato, il riflesso sbagliato, il momento stonato. Una foto sfocata, ma vera, dice più di mille composizioni al pixel perfetto.
L’AI non sbaglia. Ma senza errore, non c’è poesia.
IloIlo, Filippine 2022. Walter Stolfi
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Un esempio personale
Quando sono in viaggio, e fotografo le persone nei quartieri popolari, non vado lì a cercare la foto perfetta. Vado a cercare una storia, una connessione, anche solo uno sguardo.
A volte non scatto nulla. Ma quando succede, quando arrivo a un'immagine che sento vera, quella foto è mia. È successa. L’ho vissuta.
Con l’AI puoi creare qualunque scena. Ma non puoi viverla. E questo, per me, fa ancora tutta la differenza.
Dumangas, Filippine 2025. Walter Stolfi
Perdita o evoluzione? Cosa ci aspetta davvero
L’AI non sa cosa vuol dire essere lì. Ma nemmeno chi la usa.
Chi genera immagini credendo di raccontare una storia spesso non c'è mai stato. Non ha annusato l’aria, non ha sentito le voci, non ha camminato su quelle strade. E allora cosa stai raccontando, se non hai mai vissuto?
Foto AI generata con Sora
Prompt:
Una foto spontanea scattata con l'iPhone, a mezzo busto, di una donna attraente che interpreta Chun-Li di Street Fighter, immortalata con un'estetica senza filtri, in stile paparazzo. Indossa una versione dettagliata del classico qipao blu di Chun-Li con finiture dorate e bracciali con borchie, leggermente sgualcito per un look vissuto. I suoi iconici chignon sono raccolti con nastri bianchi, ma alcune ciocche sciolte le incorniciano il viso, donandole un aspetto naturale e disinvolto.
La composizione è inclinata e sbilanciata, con il flash dell'iPhone che crea riflessi sull'obiettivo e ombre profonde. Lo sfondo mostra un vicolo urbano invaso dalla vegetazione, illuminato da insegne al neon blu, rosa e arancione che proiettano bagliori colorati sul suo viso e sul suo vestito. Graffiti, muri ricoperti di edera e pozzanghere che riflettono una luce distorta aggiungono un tocco di granulosità all'ambiente.
La qualità dell'immagine è granulosa e pixelata, con una messa a fuoco irregolare e un leggero motion blur sui bordi. La sua espressione è colta a metà sguardo – diffidente, fredda e leggermente divertita – come se reagisse a una foto inaspettata. Il risultato è spontaneo e crudo, fondendo l'energia della street photography con il realismo del cosplay in un'istantanea lo-fi inondata di luci al neon.
Certo, una fetta del mercato fotografico cambierà. Alcuni lavori spariranno, altri si trasformeranno. Ma non è la prima volta:
quando è arrivato il digitale, sembrava la fine della pellicola. Eppure oggi la fotografia analogica è tornata con forza. Perché?
Perché abbiamo bisogno di fare, non solo di ottenere risultati. Abbiamo bisogno di vivere quello che creiamo.
L’AI potrà essere il nostro assistente invisibile:
ci aiuterà a editare meglio
ci renderà più veloci
ci lascerà più tempo per pensare al senso della nostra fotografia
Ma non sarà mai noi.
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Un futuro umano (se lo vogliamo)
Non credo che il futuro ci porterà via il mestiere di fotografi.
Credo piuttosto che ci chiederà di evolverci, di ridefinirlo, di tornare a chiederci perché scattiamo davvero.
L’AI sarà uno strumento sempre più potente. E chi saprà usarla con intelligenza, potrà fare grandi cose. Ma chi saprà ancora osservare, sentire, raccontare… continuerà a fare qualcosa che nessuna tecnologia può replicare: mostrare il mondo per come lo vive un essere umano.
L’AI non può fallire. Ma senza fallimento, non c’è poesia. La fotografia è fatta anche di attese andate a vuoto. Di frustrazione. Di luce sbagliata. Ma è in quel fallimento che, a volte, arriva l’immagine più vera. L’AI ti dà subito ciò che chiedi. Ma se non puoi sbagliare, non puoi crescere. E nemmeno sorprenderti.
E allora, forse, le domande più urgenti non sono:
“L’AI ci ruberà il lavoro?”
Ma piuttosto:
Cosa rende davvero una foto… una fotografia?
Cosa distingue un’immagine generata da una storia vissuta?
Siamo pronti a difendere il valore della realtà in un mondo che preferisce la finzione ben fatta?
E soprattutto: vogliamo ancora essere testimoni? O ci basta diventare spettatori?
Forse è proprio questo che dobbiamo chiederci oggi:
Siamo davvero pronti a lasciare che le immagini raccontino storie… che nessuno ha vissuto?
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